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La guerra dei calzini

Fiaba vincitrice del 50° Premio Andersen Baia delle Favole, il primo premio letterario dedicato alla fiaba in Italia.

di Alessandra Fella

Scommetto che sarà capitato anche a voi. E ai vostri genitori. E anche ai vostri nonni. No, forse ai vostri nonni no. Perché erano altri tempi, e allora le cose funzionavano in modo diverso. Dicevo… vi sarà certamente capitato, prima o poi: aprite lo sportello della lavatrice, tirate fuori i panni lavati e iniziate a stenderli. Pantaloni e braghette, magliette e maglioni, canottiere e mutande si allineano precisi e ordinati lungo i fili dello stendipanni. E poi… poi arrivano loro: i calzini. Ed è proprio qui che nascono i problemi. Perché a tutti sarà successo di ritrovarsi con dei calzini mancanti. E potete cercarli ovunque: nella lavatrice, nel cesto della biancheria sporca, sotto il letto, sopra l’armadio, nei cassetti. Vi assicuro che non li troverete. Perché sono vittime, caduti in qualche battaglia di una guerra che da anni ormai si combatte in ogni casa: la Guerra dei Calzini.

La Guerra dei Calzini iniziò molto tempo fa in una grande fabbrica. Due calzini, che non potevano sopportarsi da quando erano semplici fili di lana, vennero accoppiati per caso per far parte del medesimo paio. Da subito, iniziarono a litigare.

“Io sono di pura lana, tu sarai certamente un misto lana-acrilico!” “Siamo usciti dalla stessa partita, per cui siamo fatti dello stesso materiale! Tu, piuttosto, sarai certamente più pruriginoso di me, e vedrai che il nostro uomo non potrà sopportarti!”

“Non potrà sopportare me? E te, con quelle cuciture tutte storte? Vedrai… verrai subito buttato nell’immondizia!” “E tu trasformato in uno straccio della polvere!”

Quei due calzini petulanti continuarono a litigare e litigare. E se dapprima lo fecero solo tra di loro, quando finirono in uno scatolone pieno di coppie di calzini, iniziarono a coinvolgere nelle loro discussioni anche i compagni. E quelli prima cercarono di ignorarli, poi finirono per lasciarsi coinvolgere dalle sciocche e inutili beghe di quei due.

“Guarda che bel colore vivace che ho io, e guarda invece te come sei sbiadito! Non sembra anche a voi?” “Guarda i miei disegni, come sono perfetti! I tuoi, invece, sono imprecisi e sbavati! Lo vedete anche voi, vero?” “Senti come sono morbido io!

Invece tu sei così ispido che mi dà addirittura fastidio starti accanto! Venite a sentire anche voi!” “E tu? Hai un odore fastidioso già di tuo! Figuriamoci dopo che sarai stato indossato! Lo sentite anche voi, vero?” E tra le altre coppie di calzini, purtroppo, non sempre c’era accordo nelle opinioni. Anzi, diciamo quasi mai. E questo, a lungo andare, finì per creare vere e proprie fazioni schierate l’una contro l’altra. E più il tempo passava, più i gruppi diventavano agguerriti. E più diventavano agguerriti, più nelle paia i calzini diventavano permalosi e rissosi. E man mano che altri calzini finivano nella scatola, gli scontri e la polemica si allargavano e inasprivano. Anche quando il paio di calzini che aveva dato il via al tutto fu finalmente spedito a destinazione, nulla cambiò: la Guerra era ormai iniziata e nulla si poteva più fare per correre ai ripari. E quelle poche coppie di pedalini che cercavano di placare gli animi e riportare tutti a più miti consigli, venivano giudicati traditori della causa e relegati in qualche angolo della scatola.

Purtroppo poi, la voce della lotta intestina iniziò a girare, e dalla prima scatola passò a quelle vicine, e poi a quelle più lontane, dilagando infine in tutta la fabbrica. E dalla fabbrica ai magazzini. E dai magazzini ai negozi. E dai negozi alle case. E fu proprio nelle case che la guerra iniziò a diventare più cruenta. Nei cassetti, quando le etichette e i fili che li tenevano uniti venivano tagliati, i calzini cercavano in tutti i modi di allontanarsi dai compagni. C’era chi si ripiegava insieme a un calzino della stessa fazione, chi si mimetizzava tra i collant, chi scivolava nei cassetti sottostanti cercando di confondersi con le cravatte.

Nei cassetti, però, finivano sempre per essere recuperati e riportati nella giusta posizione. Poi, un giorno nefasto, i calzini scoprirono un luogo in cui poter scomparire o far sparire i compagni indesiderati: la lavatrice. Iniziò quindi un guerra fatta non più solo di frecciatine, scherzi e beffe, ma anche di azioni per eliminare in modo definitivo i fastidiosi compagni. C’era chi faceva sparire il gemello: incastrato in qualche pertugio della lavatrice, appallottolato nella piega di una guarnizione, infilato a forza nella tasca di un pantalone. C’era invece chi adottava la strategia contraria: si nascondeva di proposito in modo che, al momento della stesura del bucato, il calzetto spaiato finisse per essere gettato via. E, di sparizione in sparizione, le case iniziarono a riempirsi di calzini scompagnati che, perso il gemello, avevano come unica possibilità di restare nascosti a logorarsi dimenticati dietro qualche cassetto. Perché l’alternativa era di venire riciclati per usi poco nobili o finire nella pattumiera. Ma questo triste risvolto della guerra nessun vecchio calzino lo rivelava alle nuove paia. Perché con l’andare del tempo la rivalità e il risentimento avevano preso il sopravvento anche sul buon senso, e gli anziani temevano che rivelando ai giovani la verità sulle conseguenze il conflitto sarebbe finito.

Un giorno, però, in una lavatrice di colorati finirono due insoliti calzini: uno verde a pois rossi, arancioni e gialli e uno a righe verdi, rosse, arancioni e gialle. Entrarono insieme e fecero in modo da restare vicini vicini durante tutto il lavaggio. Nulla riuscì a separarli: né il sapone che cercava di farli scivolare via lontani, né la centrifuga che li sbatacchiava di qua e di là, né gli altri vestiti che tentavano di intrufolarsi tra di loro.

Alla fine del lavaggio, nell’attesa di essere tirati fuori, i due calzetti, sempre attaccati ma finalmente rilassati, iniziarono a guardarsi intorno. E videro un altro pedalino che, con tutte le proprie forze, tentava di incastrare il compagno in una stretta apertura sul retro del cestello.

“Ehi, tu! Ma che combini?!?” “Cerco di far sparire questo scarto della società dei Calzini!” “Ma sei matto?” Il calzino si girò a guardare chi lo stesse apostrofando in quel modo, e quel momento di distrazione permise al suo gemello di liberarsi.

“Grazie ragazzi! Mi avete salvato! Scommetto che siete anche voi dei Calzini Giusti! Lui è dei Calzini sbagliati… per questo mi odia!” “Eh no, mio caro! Io sono dei Calzini Giusti, e tu sei dei Calzini Sbagliati!” “Se tu sei dei Calzini Giusti, allora io sono dei Calzini Giusti-Più Giusti!” “E allora io sono dei calzini Giusti-Più Giusti dei Più Giusti!” “E allora io sono…”

La discussione andò avanti finché, entrambi infastiditi, non vennero ai fili, dandosele di salta ragione. A quel punto gli altri due calzini intervennero: “Ma volete piantarla voi due? Possibile che non vi rendiate conto di essere perfettamente uguali?!?”

Intanto intorno al quartetto si era raggruppato un nutrito e variopinto gruppo di paia di calzini di ogni foggia e tipo, che ascoltava attento il battibecco. “Perfettamente uguali? Ma non vedi che io sono blu a righe celesti e lui celeste a righe blu?” “E non è la stessa cosa?”

I due contendenti si resero conto di non poter controbattere, ma non si diedero per vinto.

“Guarda però come sono perfette le mie cuciture e come sono storte le sue!” “Anche se fosse, non credo che il vostro uomo se ne sia accorto o che gli interessi. In fin dei conti finite entrambi dentro a un paio di scarpe!”

I due rivali sobbalzarono: era vero! Intorno a loro i vari calzini, che prima si tenevano distanti dai compagni, iniziarono a cercarli con lo sguardo.

“Io sono più morbido, lui più ispido e pungente!” “Sì, potrebbe essere… ma considerato il fatto che siete dello stesso materiale la differenza sarà davvero irrisoria.”

Anche quella considerazione era valida. Le altre coppie di pedalini iniziavano a riappaiarsi.

“Però il piede che mi indossa è certamente più bello e profumato del suo!!!” “Scherzi?
È il mio ad essere più curato e odoroso!” “Nessuno di voi ha un ‘suo’ piede! Venite indossati a casaccio, non avete certo un vostro lato fisso!”

I due calzini ammutolirono. Tutte le altre paia si erano intanto ricomposte, e ognuno guardava il compagno con occhi amichevoli. Poi, illuminandosi all’improvviso, i due calzini urlarono all’unisono: “Ma lui è diverso: è più chiaro di me!” e “Ma lui è diverso: è più scuro di me!”

Nonostante fosse lievissima, una certa differenza nella brillantezza era reale e inconfutabile: forse erano già così dalla nascita, forse erano stati i lavaggi, forse il sole. Sta di fatto che i colori di uno erano leggermente più intensi di quelli dell’altro. I due calzini erano realmente diversi.

“Lui diverso da te. Tu diverso da lui. Noi diversi da voi. Siamo tutti calzini! Tutti diversi, eppure tutti uguali! E alla fine di una lunga giornata verremo tutti tolti e gettati in qualche angolo. Guardate noi: siamo completamente diversi, non fosse per i colori. Ed è proprio questa diversità a costituire la nostra forza. Vittime entrambi di quest’inutile guerra, a lungo nascosti per non finire nella pattumiera, abbiamo infine messo da parte i contrasti. Ci siamo uniti e abbiamo formato un nuovo paio, insolito e pittoresco. E l’uomo un giorno ci ha guardati, ci ha rigirati un po’ tra le mani e ha sorriso. E ci ha indossati, sfoggiandoci orgoglioso della nostra diversità. Mettete da parte odio e intolleranza. Unitevi, e fate delle differenze un punto di forza, non la ragione della vostra rivalità!”

Quel messaggio di pace e fratellanza lasciò il segno, nella comunità dei calzini di quella casa, che smisero di litigare, e presero ad insegnare a tutti i nuovi arrivati ad amarsi e sostenersi. E non solo! Ancora adesso, ogni volta che capita loro di incontrare altre paia di pedalini, sotto i tavoli dei ristoranti, o nella ressa degli autobus, o di corsa lungo la strada, cercano di trasmetterlo a tutti i calzini del mondo.

Ma allora, potreste chiedere, come mai nelle lavatrici i calzini continuano a sparire? Beh… perché i calzini, sebbene la guerra sia finita, sono comunque rimasti un po’ dispettosi. E non c’è divertimento più grande, per loro, che guardare di nascosto le nostre facce quando, mentre stendiamo il bucato, ci ritroviamo con un solo pedalino in mano. Quindi non disperate: i calzini mancanti non si sono persi, ma solo imboscati per farci uno scherzo. Fate finta di essere imbronciati e sorpresi e vedrete che quelli salteranno fuori come per magia!

2 risposte su “La guerra dei calzini”

Grazie per la condivisione di questo racconto, lo leggerò alle mie figlie e anche a scuola per affrontare il tema della diversità!

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