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Il contadino astrologo

fiaba di Italo Calvino

C‘era una volta un re che aveva perduto un anello prezioso. Cerca qua, cerca là, non si trova. Mise fuori un bando che se un astrologo gli sa dire dov’è, lo fa ricco per tutta la vita.

C’era un contadino senza un soldo, che non sapeva né leggere né scrivere, e si chiamava Gambara.

– Sarà tanto difficile fare l’astrologo? – si disse. – Mi ci voglio provare. E andò dal Re.

Il Re lo prese in parola, e lo chiuse a studiare in una stanza. Nella stanza c’era solo un letto e un tavolo con un gran libraccio d’astrologia, e penna carta e calamaio. Gambara si sedette al tavolo e cominciò a scartabellare il libro senza capirci niente e a farci dei segni con la penna. Siccome non sapeva scrivere, venivano fuori dei segni ben strani, e i servi che entravano due volte al giorno a portargli da mangiare, si fecero l’idea che fosse un astrologo molto sapiente.

Questi servi erano stati loro a rubare l’anello, e con la coscienza sporca che avevano, quelle occhiatacce che loro rivolgeva Gambara ogni volta che entravano, per darsi aria d’uomo d’autorità, parevano loro occhiate di sospetto. Cominciarono ad aver paura d’essere scoperti e, non la finivano più con le riverenze, le attenzioni: – Si, signor astrologo! Comandi, signor astrologo!

Gambara, che astrologo non era, ma contadino, e perciò malizioso, subito aveva pensato che i servi dovessero saperne qualcosa dell’anello. E pensò di farli cascare in un inganno.

Un giorno, all’ora in cui gli portavano il pranzo, si nascose sotto il letto. Entrò il primo dei servi e non vide nessuno.

Di sotto il letto Gambara disse forte: – E uno!- il servo lasciò il piatto e si ritirò spaventato.

Entrò il secondo servo, e sentì quella voce che pareva venisse di sotto terra: – E due! – e scappò via anche lui. Entrò il terzo, – E tre!

I servi si consultarono: – Ormai siamo scoperti, se l’astrologo ci accusa al Re, siamo spacciati. Cosi decisero d’andare dall’astrologo e confessargli il furto.

– Noi siamo povera gente, – gli fecero, – e se dite al Re quello che avete scoperto, siamo perduti. Eccovi questa borsa d’oro: vi preghiamo di non tradirci.

Gambara prese la borsa e disse: – lo non vi tradirò, però voi fate quel che vi dico. Prendete l’anello e fatelo inghiottire a quel tacchino che c’è laggiù in cortile. Poi lasciate fare a me.

Il giorno dopo Gambara si presentò al Re e gli disse che dopo lunghi studi era riuscito a sapere dov’era l’anello.

– E dov’è? –

– L’ha inghiottito un tacchino. –

Fu sventrato il tacchino e si trovò l’anello. Il Re colmò di ricchezze l’astrologo e diede un pranzo in suo onore, con tutti i Conti, i Marchesi, i Baroni e Grandi del Regno.

Fra le tante pietanze fu portato in tavola un piatto di gamberi. Bisogna sapere che in quel paese non si conoscevano i gamberi e quella era la prima volta che se ne vedevano, regalo di un re d’altro paese.

– Tu che sei astrologo, – disse il Re al contadino, – dovresti sapermi dire come si chiamano questi che sono qui nel piatto.

Il poveretto di bestie così non ne aveva mai viste né sentite nominare. E disse tra sé, a mezza voce: – Ah, Gambara, Gambara… sei finito male!

– Bravo! – disse il Re che non sapeva il vero nome del contadino. – Hai indovinato: quello è il nome: gamberi! Sei il più grande astrologo dei mondo.

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